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IL LAVORO NOBILITA L’UOMO (E SOPRATTUTTO LE MAMME)



                                                                                     (Anna G Sprovieri)

Professoré…un sacciu parrà l’italiano puazzu parrà l’inglese?”…ormai lo so, è questo che mi aspetterà il 14 settembre alla riapertura delle scuole: adolescenti ancora gasati dalle vacanze estive appena finite (e anche incazzati per questo) che davanti al mio tentativo di fargli capire quanto sia importante conoscere, almeno un pochino, la lingua più parlata al mondo mi guarderanno così come si guarda un panda in calore, con una sensazione tra l’incuriosito e lo schifato. Eppure sono certa che per me sarà un momento meraviglioso.
No, non è che sono improvvisamente diventata matta. Almeno non ancora. Sono soltanto una professoressa di inglese che da nemmeno tre mesi è diventata mamma di Elisabetta, a ben sei anni e mezzo dalla nascita di Giorgia, la mia prima figlia. Questo significa gravidanza scoperta ad agosto 2014, tentativo di andare a scuola (a 70 km da casa) nonostante le maledizioni di nonni, zii e parenti vari, nove mesi a casa e cervello in tilt.
Sì, perché io quei giorni di attesa e inattività forzata li ho contati ad uno ad uno e li sto ancora contando fino al primo settembre quando, finalmente, potrò tornare al lavoro.
Lo so che un’affermazione del genere potrà attirarmi le antipatie di quelle mamme integraliste che ti guardano come se stessi per commettere il più grave reato sulla faccia della terra: “Ma sei impazzita? Torni a lavorare??? Ah no, i figli vengono prima di tutto! Devi essere una presenza costante!”...Scusatemi care signore, ma io la vedo in maniera diversa. Molto diversa. Sono mamma, è vero, ma sono anche donna. Una donna alla quale piace prendersi cura di se stessa, sia dal punto di vista fisico che mentale. E questo non significa necessariamente mettere i figli in secondo piano, anzi. Le mie figlie sono la mia fonte di ispirazione, il mio stimolo a svegliarmi al mattino ed affrontare una lunga giornata di lavoro, perché sono certa che saranno fiere di me e anch’io, perché no, sarò fiera di me. Me ne sto accorgendo adesso con Giorgia, la figlia “grande” (che per inciso ho lasciato all’età di un anno e mezzo per andare a studiare in Inghilterra per tre settimane e poi più volte per viaggi studio). Ha voluto vedere dove lavoro, mi chiede spesso cosa faccio e adesso che sta per andare in seconda elementare mi dice sorridendo che vuole assomigliare a me. Immaginate l’orgoglio e l’emozione.

Per cui care mamme, non abbiate paura di mettervi in gioco. Mettete da parte i sensi di colpa e fate ciò che vi fa stare bene. I vostri figli ve ne saranno grati. Prima o poi.

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