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🔸SOS SVEZZAMENTO🔸

 









L’argomento è assai delicato, discusso e controverso, e tutte le mamme prima o poi si troveranno a far i conti con questo straordinario momento della crescita dei propri cuccioli, che continua ad essere uno degli argomenti su cui si concentrano le più complesse e contrastanti notizie scientifiche: 


se è confusa la classe medica, come possiamo pretendere che siano sicure le mamme?


In passato l’introduzione al cibo solido poteva essere più o meno repentina a seconda del contesto sociale e dei condizionamenti medico-religiosi.

I medici raccomandavano la gradualità, ma a volte capitava di togliere il seno da un giorno all’altro quando la mamma si accorgeva di essere di nuovo incinta.


Il passaggio dal latte al cibo solido è una fase necessaria allo sviluppo del bambino che avviene (o almeno dovrebbe avvenire) a partire dal sesto mese di vita, quando cioè il latte di mamma inizia ad essere carenziale di alcuni minerali, in particolare del ferro, il sistema digestivo e renale sono maturi e pronti ad accogliere cibi e soluti diversi dal latte, e il sistema immunitario è in grado di riconoscere anche molecole estranee definite “non self”, iniziando solo quando il bambino mostra interesse per il cibo e altri segnali specifici che dovrebbero fungere da input.


E invece...

Ancora molto spesso viene consigliato di iniziare lo svezzamento già a 4/5 mesi, proponendo frutta a merenda, e pappe vegetali ai pasti principali, con ricette variabili a seconda del pediatra di riferimento, ma normalmente con ingredienti quali brodo, verdura, cereali sottoforma di farina, olio extravergine d’oliva e parmigiano, oppure omogeneizzati perché ritenuti più sicuri.


La disinformazione e l’imposizione di seguire determinati schemi può però in alcuni casi creare disagio, paure e insicurezze che inevitabilmente si riflettono sull’intera famiglia e anche sul bambino, che di conseguenza reagisce mostrando lo stesso nervosismo/ ansia dei genitori.


Se vi ritrovate nella descrizione di mamme in preda alla confusione tra pediatri che indicano cosa fare e bimbo che non ne vuole sapere di introdurre altri alimenti che non siano latte (di mamma o artificiale) la soluzione si chiama Autosvezzamento, o alimentazione completare a richiesta.


Questo tipo di approccio al cibo non prevede un’introduzione graduale degli alimenti seguendo specifiche tabelle di marcia, ma permette al bambino di assaggiare prendendo direttamente dalla tavola degli adulti, che non significa lasciare che il bambino mangi ciò che vuole o fargli prendere il cibo dal piatto di mamma e papà, ma che gli venga data la possibilità di osservare, manipolare e assaggiare il cibo che mangia l’intera famiglia.

È un approccio dinamico che prevede sia il bambino a gestirsi, che non è imposto dai genitori, ma guidato da essi.


L’autosvezzamento è un momento di conoscenza del mondo che permette di assecondare i tempi del bambino, non i suoi gusti, perché di fatto non li ha ancora.

Si parte dalla consapevolezza che il bambino non sa cosa sia il cibo e lo deve scoprire: in questa fase infatti, che perdura per un tempo variabile a seconda dei bambini, il latte continuerà ad essere il loro alimento principale e  perderà progressivamente importanza a mano a mano che il bambino scoprirà cosa sia il cibo e imparerà a mangiarlo.


Per facilitare questo passaggio, il cibo dovrà  avere dimensioni adeguate e avere la giusta consistenza per essere manipolato e portato alla bocca in autonomia, evitando di proporre alimenti che potrebbero sfuggire al controllo, o quanto meno evitando di proporli tal quali, come l’uva, le olive, i piselli, per citarne qualcuno.


Con l’autosvezzamento è possibile proporre un’alimentazione varia ed equilibrata sin da subito, ma è necessario che l’alimentazione della famiglia sia consapevole e pulita.

I cibi proposti devono essere freschi e cucinati in casa, e il momento del pasto inteso come momento conviviale, consumato in condivisione, serenamente, senza interferenze.


I genitori devono imparare a fidarsi dei loro piccoli e acquisire la consapevolezza che sono in grado di imparare dagli adulti, anche a mangiare.

Devono essere per loro esempio da seguire, e lasciare che facciano da soli con il cibo così come avviene per le attività associate alle altre aree dello sviluppo, come quello

motorio o del linguaggio.


I genitori devono offrire ai bambini una gamma di alimenti sana, completa e variata, e preservare la capacità di autoregolazione, che è innata e suscettibile agli alimenti contenenti zucchero e/o eccesso di sale.


L’autosvezzamento è dunque un approccio improntato sulla fiducia e sulla straordinaria capacità dei piccoli di autoregolarsi, ed è considerato un validissimo alleato per la prevenzione di sovrappeso e obesità, anche in età adulta, perché sono le scelte alimentari dei genitori che condizionano la salute futura dei bambini.


Tuttavia, da mamma ancora prima che da professionista, so bene quanta angoscia risieda dietro ad ogni boccone rifiutato;

un figlio che non mangia desta sempre preoccupazioni e insicurezze, ed è dunque comprensibile che si cerchi di compensare l’inappetenza con qualsiasi alimento al fine di farlo mangiare.


Con l’autosvezzamento però bisogna prendere coscienza che fino all’anno il cibo solido servirà solo per fare esperimenti e imparare  a fare pratica.

Non c’è dunque bisogno di limitarsi ad offrire al bambino soltanto cibo che gli piace per assicurarvi che ne mangi, né occorre disporre ad ogni pasto di una vasta scelta di alimenti, anzi, potrebbe sentirsi quasi sopraffatto se gli mettete davanti troppo cibo tutto insieme. 


I bambini sono piuttosto volubili a livello di gusto: un giorno mangiano grandi quantità di un alimento che l’indomani non vogliono più.

Tutto nella norma.

Se il bambino rifiuta ciò che gli state proponendo significa che non ne ha bisogno.

L’approccio migliore resta quello di dargli

un po’ di quello che state mangiando (purché sia nutriente e sicuro), in modo che si senta coinvolto, ma non è necessario svuotare il frigo alla ricerca di qualcosa di allettante.


Dovete fidarvi dei vostri cuccioli, anche (soprattutto) quando non vogliono mangiare. 


Solitamente i dubbi dei genitori riguardano 3 aspetti, che possono essere ricapitolati in 3 semplici domande:


1- “mangerà abbastanza?”, dunque l’apporto nutrizionale

2- “e se si strozza?” , il rischio di soffocamento

3- “posso proporre anche le lasagne?” (leggasi anche come carbonara, parmigiana, tutti quegli alimenti della nostra tradizione ritenuti inadatti ai bambini)  e quindi l’opportunità di lasciare che assaggino anche piatti molto complessi.


Affronteremo passo passo tutte le tappe di questo meraviglioso mondo durante il corso “autosvezzamento facile e felice”  in programma a partire dal 18 settembre presso la nostra associazione.


Ricordate che i “bambini si fidano totalmente e ciecamente di chi li nutre (generalmente il punto di riferimento è la mamma).

Quello che da la mamma è buono, nutriente, giusto: che siano pappe preparate con amore e piene di nutrienti o che siano patatine fritte, i bambini si fidano”


Ricambiate loro la fiducia.


Buona consapevolezza, buon (auto)svezzamento.







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